Come annunciato dal profilo Facebook dell’Assessore regionale allo sport Matteo Rossi, e riportato anche dal sito Genova24.it [trovate qui l’articolo], è stata approvata la proposta di legge che di fatto dà il via libera all’uso in terapia del dolore dei farmaci a base di cannabis. Presentata dallo stesso Rossi, la proposta era stata in precedenza bocciata dal Governo e dalla Corte Costituzionale, ma ora che il Consiglio regionale ha acconsentito (22 favorevoli e 5 astenuti), anche la Liguria si prepara come altre regioni italiane a poter prescrivere questi farmaci, che secondo molti avrebbero efficacia nel trattamento antalgico, oltre che per molte patologie a livello neurologico.

Sull’impiego delle medicine a base di cannabis, come spesso accade quando si parla di cannabinoidi ed affini, le opinioni sono al momento fortemente divergenti. I detrattori di queste sostanze ne sottolineano gli effetti collaterali, ma da questo punto di vista non va dimenticato che molti farmaci usati comunemente in terapia del dolore e a base oppiacea sono altrettanto “pesanti” per l’organismo, se non addirittura peggiori.

Probabilmente l’approvazione di questo provvedimento anche in altre Regioni consentirà di uscire da considerazioni che vengono abitualmente condotte su base ideologica, e quindi da quel dibattito, piuttosto sterile per la verità, che oppone antiproibizionisti e proibizionisti e che finora non ha portato da nessuna parte. Considerati sul piano farmacologico, i cannabinoidi (peraltro sintetizzati in laboratorio e non certo somministrati come i più comuni stupefacenti!) forse possono rappresentare, al pari di altre sostanze, una speranza per molti malati. Con ciò non si vuole qui difendere apertamente una politica di “legalizzazione”, ma soltanto cominciare ad aprire una breccia in un muro che francamente appare troppo alto ed ingiusto.

relaz_2012_219x315Leggendo la presentazione della Relazione 2013 al Parlamento, a cura del Dipartimento Politiche Antidroga, mi pare emergano alcuni aspetti significativi o che comunque meritano qualche attenzione e commento. Innanzitutto, viene riportata una generale riduzione del numero di consumatori di sostanze, trend che sembra confermarsi a livello europeo e che comunque necessita di alcune precisazioni.

Se nella suddetta relazione infatti si parla di una diminuzione dell’uso di alcune droghe, in particolare l’eroina, per contro altre sostanze come la cocaina seguono un andamento pressoché costante dal 2011 ad oggi, ed altre ancora come gli stimolanti e gli allucinogeni si mostrano in aumento. Anzi, per la fascia d’età dai 15 ai 19 anni la cocaina viene consumata dal 2% circa, e così pure gli allucinogeni, dato non allarmante ma neppure trascurabile, se si pensa che la relazione dello scorso anno riferiva un dato dell’1,8% per la prima e dell’1,7% per i secondi. Da un punto di vista sociologico, si potrebbe vedere questo aumento come una conferma di quanto in precedenza sostenuto, tra gli altri, dall’osservatorio previsionale Prevo.Lab e dal dottor Riccardo C. Gatti (http://www.droga.net e relativo profilo su Twitter), e cioè che sta emergendo un consumo che potremmo definire “indiscriminato”, finalizzato cioè al puro sballo o allo stordimento. Non è difficile infatti osservare come da un lato la cocaina risponde, solitamente, ad esigenze precise, ossia l’essere più attivi e performanti, mentre per contro gli allucinogeni servano soprattutto all’alienazione, all’allontanamento da una realtà assai poco desiderabile. Per questo motivo vi è stata una fase storica in cui la coca ha rappresentato la droga del boom economico, non necessariamente una sostanza per ricchi, ma comunque una sostanza adatta a chi intendeva star dentro ad un sistema che imponeva la performance, la buona prestazione, la costante attività. In altre fasi storiche (pensiamo agli anni delle contestazioni), invece, gli allucinogeni hanno rappresentato la via di fuga da un sistema sociale poco allettante. Se il consumo seguisse ancora questa logica per così dire “differenziale”, in cui si cerca la sostanza per quel preciso effetto di evasione, performance, o quant’altro, dovremmo dire che eroina e allucinogeni, ad esempio, possono prestarsi ad essere la droga ideale dell’epoca della crisi economica, della disoccupazione e dell’esclusione dei giovani, epoca in cui viviamo ormai da 5-6 anni. Al contrario, sembra delinearsi la figura del consumatore mix, che miscela più sostanze, ivi compresi farmaci e alcolici, per ricercare uno stordimento da venerdì o sabato sera, o da post-lavoro; non di rado questo consumo ritualizzato può dar luogo a forme di dipendenza patologica, peraltro.

Tornando alle considerazioni sulla relazione del DPA, si fa poi riferimento ad un aumento dei siti che offrono sostanze via Web ed anche alla diffusione sul mercato illecito di droghe sintetiche sempre nuove e sempre più subdole. Contro tale fenomeno il Dipartimento sostiene che il sistema di Allerta precoce, attivo da qualche anno, rappresenti una buona difesa, nella misura in cui consente di individuare le sostanze immesse sul mercato, classificarle e renderle immediatamente illegali. Tuttavia questo si configura ancora una volta come un sistema di controllo, repressione e contrasto e non come un mezzo preventivo, come invece lo si vuole rappresentare: al contrario, una buona strategia sarebbe quella di tentare forme di comunicazione almeno efficaci quanto quelle dei siti che offrono smart drugs e simili. Insomma, produrre siti istituzionali o semplicemente educativi che abbandonino un linguaggio pesante, eccessivamente tecnico e poco appetibile per gli adolescenti e i giovani adulti, e cominciare ad occupare gli spazi realmente vissuti dai ragazzi quali i social network. Purtroppo la sensazione è che ancora una volta si cerchi di rispondere a problemi nuovi con mezzi obsoleti o con logiche profondamente vecchie, che di fatto non portano grandi risultati in campo preventivo, ma semmai in termini di repressione e contrasto a posteriori. E’ solo questione di scegliere quale delle due strategie si vuole adottare, e su questo la posizione del DPA pare fin troppo chiara.

Per tale motivo convincono poco gli inviti, nella presentazione, agli investimenti sulla prevenzione a livello regionale, anche perché gli enti locali risultano sempre più deboli in termini di finanziamenti, e pertanto sarebbe necessario, semmai, sposare una progettazione inter-regionale, nazionale o ancor meglio europea. Ma ricadiamo nel discorso di prima: si vuole investire sulla prevenzione, o fa comodo sottolineare per l’ennesima volta che un dollaro investito in azioni preventive ne fa risparmiare tot in trattamento, ecc ecc. ? (parole sempre meno condite da fatti..)

Ancora qualche considerazione merita il piano terapeutico. Nella Relazione si dice che il numero di tossicodipendenti bisognosi di trattamento risulta calato, ma è altrettanto vero che almeno 277 mila persone non sono ancora in carico ai servizi assistenziali. Questo può voler dire molte cose: ad esempio, che tanti servizi non riescono a garantire una nuova presa in carico, vista la situazione economica attuale e i tagli al sociale. In più, che dire di coloro che consumano sostanze, a volte in modo consistente, ma non sono raggiunti dai servizi attuali? Qui si dovrebbe parlare di una completa rivisitazione della nostra offerta, sia come pubblico sia come privato sociale.

Infine, la comunicazione del DPA al Parlamento dedica qualche riga anche al gioco d’azzardo e alla correlazione con l’uso di sostanze. Fenomeno preoccupante e contro il quale si sta facendo tanto, anche se a mio avviso non abbastanza. Il mercato del gioco è ancora troppo forte e così radicato da rendere necessarie prese di posizione radicali. Un’idea? Iniziative locali contro le sale slot (che a Genova sono già state compiute con la buona volontà di cittadini ed associazioni di vario genere), azioni forti a livello governativo come il divieto di pubblicizzare qualunque forma di gioco sulle televisioni sia pubbliche sia private, cancellando messaggi ambigui ed assurdi come “gioca responsabilmente” e simili. Non si risolverebbe comunque il problema, che è di natura essenzialmente educativa e sociale, ma almeno si dimostrerebbe una volontà reale al di là delle parole.

ImmagineDopo le recenti polemiche sull’imminente apertura di una grande sala da gioco a Pegli, poi bloccata grazie ad una manifestazione popolare a cui avevano aderito molti cittadini ed esponenti di associazioni tra cui la Comunità di San Benedetto, in questi giorni a Genova si torna a parlare di gioco d’azzardo. A muoversi questa volta sono i ragazzi del Chico Mendes, che organizzano per il prossimo weekend del 6-7 luglio una serie di iniziative nel quartiere di Sampierdarena, una di quelle zone cittadine colpite da una massiccia diffusione di sale slot e “macchinette” nei bar. 
L’evento è stato battezzato Non giochiamoci Sampierdarena e prevede una riscoperta delle semplici e antiche forme di socializzazione di quartiere, dal torneo di cirulla (celebre gioco di carte ligure, variante della scopa) alla festa, con la proiezione di un film intitolato “Per molti euro in più”, prodotto da A. Nikakis e dal Laboratorio Sociale Buridda.

Al centro dell’iniziativa vi è l’attenzione per il dilagante fenomeno del gioco d’azzardo e delle slot machine, che, come sottolineano gli organizzatori, portano abbrutimento, emarginazione, solitudine, isolamento sociale, sino alla vera e propria dipendenza. Una piaga sociale che miete sempre più vittime e che in tempi di crisi economica rappresenta un abbaglio ed una falsa speranza a cui molti si aggrappano, pensando di poter modificare la propria condizione con una vincita, ma finendo per cadere in un circolo vizioso difficile da interrompere. 

Electronic-CigaretteUn articolo apparso qualche giorno fa sull’edizione genovese de “La Repubblica” sottolineava come negli ultimi mesi circa il 20% dei negozi che vendono sigarette elettroniche nel capoluogo ligure abbia chiuso i battenti. Negli ultimi tempi si è parlato molto del fenomeno delle e-cig, soprattutto perché sono emersi pareri differenti circa i loro danni per la salute o, viceversa, la loro utilità per smettere di fumare le sigarette tradizionali. Parallelamente, sono sorti nuovi divieti di utilizzarle nei luoghi pubblici e un’attenzione particolare è stata rivolta al loro consumo da parte dei più giovani, tra i quali le sigarette elettroniche sembrano aver trovato una discreta diffusione.

Nell’articolo sopra citato si fa riferimento a queste nuove restrizioni introdotte come la causa principale della chiusura dei centri adibiti alla vendita delle e-cig. Difficilmente si può pensare che siano stati gli allarmi sulla loro pericolosità a suscitare in così poco tempo un brusco calo delle vendite. Potrebbe semplicemente trattarsi, semmai, della fine di una moda, per la verità alquanto passeggera, oppure potrebbero esservi ragioni economiche non trascurabili: se infatti esistono tipologie diverse di sigarette elettroniche, dai costi piuttosto differenti, è altrettanto vero che, stando sempre alle statistiche, pochi sono coloro che rinunciano al classico fumo di tabacco nel momento in cui acquistano le e-cig (appena il 10%). Ciò significa che gli altri affiancano i due consumi, il che incide non poco sul portafogli, se pensiamo che già la spesa media per le sigarette tradizionali è tutt’altro che trascurabile, in tempi di crisi. Fatto sta che improvvisamente il fenomeno appare in netto calo e in tal senso probabilmente l’articolo de “La Repubblica” dice il vero: molti fumatori di sigaretta elettronica ricorrevano a quel dispositivo per sentirsi liberi di fumare (o meglio, svapare, come si dice in gergo) anche sul proprio posto di lavoro, al bar, al ristorante, senza dover uscire all’aperto. Nel momento in cui questo non è più possibile, per l’introduzione dei divieti, il nuovo giocattolo ha esaurito la propria funzione.

Si intitola “La prevenzione nella scuola e nella comunità: Smart community” ed è il nono appuntamento nazionale organizzato dal Laboratorio Link di Padova, quello che vedrà tra il 4 e il 6 luglio prossimi impegnati educatori, professionisti del campo socio-sanitario, docenti in una serie di comunicazioni, workshop tematici e tavole rotonde.

Si discuterà principalmente di prevenzione, di come attuarla oggi nel mondo della scuola e nella società in senso più ampio, con approcci “ecologici” ma anche e soprattutto con un occhio di riguardo alle tecnologie e ai social media, che rendono possibili nuove forme di comunicazione e scambio.

Per ulteriori informazioni in merito al convegno, si rimanda alla pagina ufficiale: http://dpss.psy.unipd.it/link/convegni.php