Leggendo la presentazione della Relazione 2013 al Parlamento, a cura del Dipartimento Politiche Antidroga, mi pare emergano alcuni aspetti significativi o che comunque meritano qualche attenzione e commento. Innanzitutto, viene riportata una generale riduzione del numero di consumatori di sostanze, trend che sembra confermarsi a livello europeo e che comunque necessita di alcune precisazioni.
Se nella suddetta relazione infatti si parla di una diminuzione dell’uso di alcune droghe, in particolare l’eroina, per contro altre sostanze come la cocaina seguono un andamento pressoché costante dal 2011 ad oggi, ed altre ancora come gli stimolanti e gli allucinogeni si mostrano in aumento. Anzi, per la fascia d’età dai 15 ai 19 anni la cocaina viene consumata dal 2% circa, e così pure gli allucinogeni, dato non allarmante ma neppure trascurabile, se si pensa che la relazione dello scorso anno riferiva un dato dell’1,8% per la prima e dell’1,7% per i secondi. Da un punto di vista sociologico, si potrebbe vedere questo aumento come una conferma di quanto in precedenza sostenuto, tra gli altri, dall’osservatorio previsionale Prevo.Lab e dal dottor Riccardo C. Gatti (http://www.droga.net e relativo profilo su Twitter), e cioè che sta emergendo un consumo che potremmo definire “indiscriminato”, finalizzato cioè al puro sballo o allo stordimento. Non è difficile infatti osservare come da un lato la cocaina risponde, solitamente, ad esigenze precise, ossia l’essere più attivi e performanti, mentre per contro gli allucinogeni servano soprattutto all’alienazione, all’allontanamento da una realtà assai poco desiderabile. Per questo motivo vi è stata una fase storica in cui la coca ha rappresentato la droga del boom economico, non necessariamente una sostanza per ricchi, ma comunque una sostanza adatta a chi intendeva star dentro ad un sistema che imponeva la performance, la buona prestazione, la costante attività. In altre fasi storiche (pensiamo agli anni delle contestazioni), invece, gli allucinogeni hanno rappresentato la via di fuga da un sistema sociale poco allettante. Se il consumo seguisse ancora questa logica per così dire “differenziale”, in cui si cerca la sostanza per quel preciso effetto di evasione, performance, o quant’altro, dovremmo dire che eroina e allucinogeni, ad esempio, possono prestarsi ad essere la droga ideale dell’epoca della crisi economica, della disoccupazione e dell’esclusione dei giovani, epoca in cui viviamo ormai da 5-6 anni. Al contrario, sembra delinearsi la figura del consumatore mix, che miscela più sostanze, ivi compresi farmaci e alcolici, per ricercare uno stordimento da venerdì o sabato sera, o da post-lavoro; non di rado questo consumo ritualizzato può dar luogo a forme di dipendenza patologica, peraltro.
Tornando alle considerazioni sulla relazione del DPA, si fa poi riferimento ad un aumento dei siti che offrono sostanze via Web ed anche alla diffusione sul mercato illecito di droghe sintetiche sempre nuove e sempre più subdole. Contro tale fenomeno il Dipartimento sostiene che il sistema di Allerta precoce, attivo da qualche anno, rappresenti una buona difesa, nella misura in cui consente di individuare le sostanze immesse sul mercato, classificarle e renderle immediatamente illegali. Tuttavia questo si configura ancora una volta come un sistema di controllo, repressione e contrasto e non come un mezzo preventivo, come invece lo si vuole rappresentare: al contrario, una buona strategia sarebbe quella di tentare forme di comunicazione almeno efficaci quanto quelle dei siti che offrono smart drugs e simili. Insomma, produrre siti istituzionali o semplicemente educativi che abbandonino un linguaggio pesante, eccessivamente tecnico e poco appetibile per gli adolescenti e i giovani adulti, e cominciare ad occupare gli spazi realmente vissuti dai ragazzi quali i social network. Purtroppo la sensazione è che ancora una volta si cerchi di rispondere a problemi nuovi con mezzi obsoleti o con logiche profondamente vecchie, che di fatto non portano grandi risultati in campo preventivo, ma semmai in termini di repressione e contrasto a posteriori. E’ solo questione di scegliere quale delle due strategie si vuole adottare, e su questo la posizione del DPA pare fin troppo chiara.
Per tale motivo convincono poco gli inviti, nella presentazione, agli investimenti sulla prevenzione a livello regionale, anche perché gli enti locali risultano sempre più deboli in termini di finanziamenti, e pertanto sarebbe necessario, semmai, sposare una progettazione inter-regionale, nazionale o ancor meglio europea. Ma ricadiamo nel discorso di prima: si vuole investire sulla prevenzione, o fa comodo sottolineare per l’ennesima volta che un dollaro investito in azioni preventive ne fa risparmiare tot in trattamento, ecc ecc. ? (parole sempre meno condite da fatti..)
Ancora qualche considerazione merita il piano terapeutico. Nella Relazione si dice che il numero di tossicodipendenti bisognosi di trattamento risulta calato, ma è altrettanto vero che almeno 277 mila persone non sono ancora in carico ai servizi assistenziali. Questo può voler dire molte cose: ad esempio, che tanti servizi non riescono a garantire una nuova presa in carico, vista la situazione economica attuale e i tagli al sociale. In più, che dire di coloro che consumano sostanze, a volte in modo consistente, ma non sono raggiunti dai servizi attuali? Qui si dovrebbe parlare di una completa rivisitazione della nostra offerta, sia come pubblico sia come privato sociale.
Infine, la comunicazione del DPA al Parlamento dedica qualche riga anche al gioco d’azzardo e alla correlazione con l’uso di sostanze. Fenomeno preoccupante e contro il quale si sta facendo tanto, anche se a mio avviso non abbastanza. Il mercato del gioco è ancora troppo forte e così radicato da rendere necessarie prese di posizione radicali. Un’idea? Iniziative locali contro le sale slot (che a Genova sono già state compiute con la buona volontà di cittadini ed associazioni di vario genere), azioni forti a livello governativo come il divieto di pubblicizzare qualunque forma di gioco sulle televisioni sia pubbliche sia private, cancellando messaggi ambigui ed assurdi come “gioca responsabilmente” e simili. Non si risolverebbe comunque il problema, che è di natura essenzialmente educativa e sociale, ma almeno si dimostrerebbe una volontà reale al di là delle parole.